CONVERSAZIONE CON DANIELE MIRADOLI
Daniele, parlaci un po’ di te
Ho avuto una formazione atipica rispetto al mondo dell'arte, con un percorso
articolato che mi ha portato in luoghi e non-luoghi che un tempo non avrei mai
potuto immaginare.
Dopo gli studi classici ho studiato Design al Politecnico di Milano, dove mi sono
laureato con una tesi sull'intelligenza artificiale, in tempi ancora non sospetti.
Ho iniziato occupandomi di sviluppo di progetti software in un'era ancora
pionieristica di Internet, approfondendo molto argomenti che andavano dalla grafica
computerizzata alla robotica . Improvvisamente, vent'anni fa, arriva l'opportunità
totalmente imprevista di aprire una galleria d'arte e, parallelamente ad un lavoro di
galleria vero e proprio, ho iniziato a fondere i due mondi.
Sono nate così le prime sperimentazioni di arte digitale e interattiva, mentre
progressivamente entravo in quel mondo straordinario e sconfinato che è l'arte.
Dopo qualche anno inizio a lavorare presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a
Milano e a quel punto intraprendo un percorso di assorbimento delle materie
teoriche e applicate dell'arte contemporanea e delle tecniche di belle arti tradizional,
che mi ha portato nel tempo a dedicarmi anche al disegno, alla pittura, alla scultura,
a tecniche ancestrali come l'affresco e la doratura, per citarne alcune.
Oggi mi ritrovo ancora tenacemente in galleria, nonostante i tempi non facili, a
proporre il mio lavoro e quello di tanti altri artisti, continuo nella mia ricerca
stilistica ed espressiva personale, fondendo arti classiche, tecnologie digitali, design
e tutto ciò che mi stimola dall'esterno.
Tu sei un artista poliedrico che utilizza tecniche molto diverse tra loro.
Che cos’è per te l’arte e come nasce la tua arte produzione artistica?
L'arte è stata definita e declinata in molteplici modi, spesso distanti tra loro, se non
addirittura in contraddizione; personalmente ritengo sia un mezzo di comunicazione
rispetto alla propria contemporaneità, intesa in senso storico, politico, sociale. In
questo senso l'arte è un mezzo, la creatività individuale un filtro, il messaggio
personale e originale che si intende esprimere diventa un fine.
Il mio lavoro nasce in vari modi, da spunti e spinte anche molto vari, ma sempre con
alcuni presupposti imprescindibili: rilevare e rappresentare in modo efficace un
aspetto della contemporaneità che mi ha colpito, impormi uno standard estetico di
alto livello, cercare di suscitare un'emozione nel fruitore dei miei lavori.
La tua formazione classica ha influenzato la tua produzione? E se si in che
modo.
Sono molto legato all'utilizzo della parola anche in ambito artistico: frequentemente i
miei lavori nascono da giochi di parole, da espressioni ironiche, da metafore verbali,
che in molti casi vengono direttamente integrate nell'artefatto finale come parte
integrante.
Creo così opere con diversi livelli di lettura, dal più esplicito a quelli ricercati e
nascosti, da intuire o da farsi spiegare.
Arte e tecnologia? Come si sposano tra loro?
L'arte senza tecnica e tecnologia non esiste.
Invito spesso a visitare, a tal proposito, la Pinacoteca di Brera, una collezione
museale straordinaria, in cui appare con grande evidenza come la storia della
rappresentazione figurativa (e non solo) si sia evoluta grazie alle intuizioni tecniche,
meccaniche, chimiche e fisiche fatte nel corso dei secoli da quell'incredibile impresa
collettiva che è stato il lavoro di bottega, che ha innovato e tramandato un sapere che
è arrivato ai giorni nostri intatto e preziosissimo e ci permette di “sedere sulle spalle
dei giganti”.
Inevitabile, quindi, che anche le tecnologie più recenti e attuali vadano a stimolare
l'arte in modo anche molto promiscuo, soprattutto in un momento storico in cui la
ricerca di linguaggi estetici davvero innovativi si fa sempre più impellente.
La tua galleria si trova nel cuore di Milano, ai navigli. Quando hai aperto
la tua galleria? E di che tipo di arte di occupi? Che opere esponi?
Ormai sono qui da oltre vent'anni, come dicevo prima, in tutto questo tempo mi sono
dedicato soprattutto alla pittura in senso stretto, con una personale predilezione per
l'espressionismo informale e astratto, ma non solo.
Ho lavorato con artisti formidabili, alcuni dei quali purtroppo ci hanno salutato
prematuramente, ma che sono stati baluardi inamovibili di una concezione virtuosa
del fare arte che sposo completamente e sarà sempre uno dei motori del mio modo di
progettare e sviluppare.
Cos’è Charm Of Art Academy e come nasce l’idea?
Gli ultimi due decenni di lavoro nel mondo dell'arte contemporanea hanno anche
coinciso con un cambiamento di paradigma nel mondo che ci circonda: un contesto
sempre più online, sempre più social, sempre più condiviso ha riscritto da zero le
regole dell'arte, del modo in cui viene percepita, divulgata e anche commercializzata
l'arte.
Gli artisti non possono più essere esclusivamente dei sognanti poeti che raccontano il
proprio tormento per puro sfogo, devono aprirsi ad un contesto che li vuole attivi e
propositivi, concretamente sulla scena, sia per quanto riguarda la propria
comunicazione che per quanto riguarda il modo di interagire con le gallerie, con i
curatori e con tutte le realtà e le figure che compongono l'articolato panorama
dell'arte contemporanea.
Per questo con Charm of Art abbiamo pensato ad un percorso formativo rivolto agli
artisti per affacciarsi con consapevolezza ed efficacia a questo nuovo mondo che li
aspetta a braccia aperte, a patto che lo facciano con professionalità e con gli
strumenti adeguati.
Quando nasce la collaborazione con Charm of Art?
Sono molti anni che collaboriamo con grande professionalità e stima reciproca:
Charm Of Art è una realtà concreta, affidabile e competente, il partner ideale con cui
lavorare in armonia a progetti sempre più ambiziosi.
Ringraziamo Daniele Miradoli per averci dedicato del tempo prezioso e per averci
raccontato un po’ di sé e della sua meravigliosa arte.
La galleria di Daniele Miradoli, Mac Miradoli Arte Contemporanea, si trova in
Alzaia Naviglio Grande 53, Milano.
CONVERSAZIONE CON ALESSANDRA LUCCA
Ciao Alessandra, parlaci un po’ di te.
Ciao Laura, sono una Fotografa, Grafic Designer, Web Designer, Interior Designer, Esperta di comunicazione pubblicitaria e scrivo dei miei viaggi.
Nasco, cresco in Sicilia e, mentre studio architettura, mi sposto per l’Europa dove strutturo un percorso formativo e professionale aperto e multidisciplinare in cui la ricerca creativa orienta la mia progettualità. Accanto al lavoro nei vari ambiti della comunicazione visiva, affianco progetti di Art Direction e promuovo iniziative culturali su un circuito internazionale.
Arrivo alla fotografia da autodidatta con curiosità e passione, iniziando a guardare il mondo attraverso la yashica a pozzetto del mio papà. Durante il periodo universitario, viaggio con la mia macchina fotografica per catturare l’anima nel volto della gente.
Tu nasci come ritrattista e sei una delle autrice, nel 2014, della fotografia della campagna che hai ideato e realizzato insieme a Gioria Butera “Sono una bambina, non sono una sposa”, campagna appoggiata dall’Onu che l’ha condivisa proprio in occasione della giornata sul tema dei matrimoni precoci e forzati, tenutasi a New York. Una foto che ha fatto il giro del mondo. Cosa ha rappresentato per te quella foto?
Mi innamoro delle persone e ho iniziato a fotografare i bambini, con i loro occhi, ribaltando le regole canoniche della fotografia per arrivare a scattare la foto del manifesto Onu 2014 della campagna di sensibilizzazione “Sono bambina, non una sposa” che ha fatto il giro del Mondo in 10 minuti, divenendo manifesto mondiale di questa battaglia.
Si è scatenato un vero e proprio delirio mediatico: articoli sulle principali testate giornalistiche, una conferenza in Senato e coinvolgimenti professionali importanti.
È stato uno dei momenti più importanti della mia vita. Non tanto per il credito professionale che ne è conseguito quanto per il fatto di aver messo a servizio della collettività il mio amore per la fotografia sperimentando la potenza dell’immagine.
Una fotografia silenziosa che arriva alla sensibilità della gente per raccontare una tragedia disumana in tutte le lingue del mondo. Ho capito l’universalità del linguaggio delle immagini e la magia di farsi veicolo di messaggi importanti.
Prima ritrattista e poi paesaggista. Come nasce il desiderio di fotografare il paesaggio e cosa rappresenta per te?
Ho letto “Il sale della Terra”, un meraviglioso libro che racconta il viaggio di Salgado attraverso oltre 40 paesi, un fotografo che amo e al quale devo il mio colpo di fulmine per il paesaggio. La sua ricerca delle tracce del cambiamento dell’umanità offre un documento umano e di paesaggio che fa perdere i confini del ritratto inteso in senso stretto.
Inizio a vedere il paesaggio come una parte della nostra interiorità e ogni volta che ho viaggiato ho respirato emozioni che ho fotografato offrendo una visione personale del luogo. Ciò che vediamo non esiste, o meglio… esiste in molteplici forme a seconda da come soffriamo o da come amiamo e guardare il mondo che ci circonda altro non è che la possibilità di raccontare i nostri sentimenti che hanno valore in quel preciso istante e per sempre dopo averli congelati in uno scatto.
Non solo architetto e fotografa, ma anche scrittrice, autrice. Oltre che direttore della fotografia, sei stata autrice della rivista Suq Magazine. Di che progetto si trattava? Che tipo di Sicilia raccontavi con i tuoi scatti?
Suq Magazine è stato un coinvolgimento molto importante che mi ha permesso di scoprire i segreti della mia terra. Un progetto editoriale di cui sono stata uno degli autori e nel quale ho raccontato attraverso la fotografia e la scrittura luoghi mai visti per restituire una visione personale della terra, sospesa tra sogno e visioni.
La fotografia era spirito fluttuante al di sopra delle parole scritte che, dal loro canto, svolgevano la funzione di radici, per ancorare al suolo le immagini che vedevo.
Ho raccontato la mia terra, intesa come continente, una Sicilia che ti fa viaggiare in altre terre ancora. Le Madonie ti fanno sentire in Norvegia e, se vai nell’entroterra, spesso ti capita di avere la sensazione di essere finito in Tunisia o in Marocco. Ho raccontato di gente, sapori, tutta un’umanità che ha radici in tanti luoghi. La Sicilia è una terra che convoglia culture diverse e che offre una straordinaria gamma di emozioni. Suq Magazie è stato un viaggio durato anni in cui mi sono messa in cammino, ho dormito nei boschi, ho fotografato gli alberi e l’acqua, ho scritto a 1800 metri mentre i crateri eruttavano. È stato un amore molto inteso che, come tutti gli amori intensi, mi ha fatto soffrire e crescere.
Che consiglio ti sentiresti di dare oggi agli artisti emergenti?
Ciascuno dovrebbe sentirsi sempre innamorato di se stesso per costruire attorno a sé una realtà solida fatta di consapevolezza.
Ciò che rende davvero artisti è la purezza e la sensibilità.
Credo siano doti innate e il primo atto è riconoscere se si hanno. Non bisogna mai ostinarsi di perseguire un percorso se non si riconoscono le potenzialità.
Riconosciute queste allora basta solo guardare come se fosse la prima volta che apriamo gli occhi sul mondo senza la presunzione di sentirsi arrivati alle conclusioni e alla propria risoluzione.
Strutturare un percorso vuol dire tante cose, essere aperti verso un miglioramento infinito.
Bisogna appassionarsi di musica, di cinema, di teatro, di arte in generale. Conoscere i “maestri” e avere sete di conoscenza.
A un fotografo consiglierei di guardare Luigi Ghirri, a un pittore consiglierei Edward Hopper, Alvaro Siza a un architetto. Ma è chiaro che consiglierei tantissime cose ancora. Guardare, leggere e studiare le forme alte di arte ci permette di assimilare tutto il bello possibile.
La ricerca sta alla base di ogni percorso.
Cosa pensi che manchi all’arte oggi?
Non credo che manchi qualcosa all’arte, se per arte intendi le forme in cui si riconoscono equilibri, proporzioni e sentimenti vivi.
Se l’arte manca di tutto questo, allora non è arte.
Direttrice fotografica di Charm of Art. Quando nasce questa collaborazione?
Sai che non so collocare nel tempo la mia collaborazione con Charm Of Art?
Conosco Santo Ciciró diversi anni fa e tra noi nasce un legame di amicizia molto bello e sincero. Questo ragazzo era vivace, e si muoveva tra una città e l’altra con disinvoltura facendosi veicolo di arte. Mi offre in modo assolutamente incondizionato un ruolo di responsabilità riconoscendo la qualità professionale della mia fotografia e così divento il direttore della fotografia di Charm Of Art.
Un sentito ringraziamento ad Alessandra Lucca per questa chiacchierata ricca di spunti di riflessione e per averci dedicato del tempo prezioso!
CONVERSAZIONE CON MAURI LUCCHESE
Ciao Mauri, raccontaci un po’ di te
Nasco in una famiglia molto benestante e fin da ragazzo sono attratto dai capolavori dell'arte soprattutto quelli rinascimentali.
Mio padre, anche lui di grande spessore culturale, mi portava in lungo e in largo per l'Italia a visitare i più famosi monumenti nelle grandi città italiane.
Ho iniziato quindi ad apprezzare l’arte sin da piccolo, prima come fruitore e poi come artista.
La mia carriera ha abbracciato diverse forme d'arte, tra cui pittura, fotografia e scrittura.
Recentemente, nella mia Palermo, ho organizzato ho curato la collettiva pittorica e fotografica "Florio Arte Expo 2025" presso la Sala "Nicola Scafidi" di Villa Niscemi a Palermo. L'evento, che nasce con l’intento di celebrare l'epopea della storica famiglia Florio, è stato organizzato dall’associazione Monello Arte, di cui sono presidente.
Mauri, scrittore, pittore, storico dell’arte e direttore generale di Charm of Art. Chi più ne ha più ne metta. Come inizia il tuo percorso nel mondo dell’arte?
L’amore che mio padre mi ha trasmesso per la cultura e per l’arte mi ha portato, nel corso degli anni, ad affinarmi nel campo della pittura. Avendo iniziato il mio percorso molto presto e, vivendo in una città come Palermo, ricca di storia millenaria, ho voluto scrivere sette libri dedicati alla storia della città di Palermo.
Da artista, cosa significa per te essere palermitano?
Vivere a Palermo non è facile, poiché la gente, e soprattutto le amministrazioni locali, non hanno saputo bene gestire la parte culturale della città. Basti pensare che nel 1969, in un oratorio di San Lorenzo, quasi abbandonato, è stata trafugata la Natività del Caravaggio, un capolavoro unico. I palermitani non sono propensi ad amare la propria città della quale non conoscono quasi niente.
Direttore generale di Charm of Art. Una collaborazione ormai consolidata quella con Charm of Art e con il suo fondatore Santo Cicirò. Quando e come nasce questa intesa?
L’incontro con Santo Cicirò è avvenuto tre anni fa. Mi è stato presentati da un artista palermitano. Sono rimasto molto colpito dall’intraprendenza di Santo e dall’impegno che mette nell’organizzazione di ogni evento da lui curato. Oggi abbiamo fatto tanti passi avanti e Charm of Art è un marchio riconosciuto in tutta Europa basti pensare alle mostre organizzate a Parigi e Montecarlo.
Quali sono secondo te le tendenze dell’arte oggi?
Le tendenze dell'arte oggi sono molto confuse. Ritengo ci sia molto individualismo, colpa pure del momento culturale particolare che sta attraversando il mondo intero.
CONVERSAZIONE CON MATTIA DE LUCA
Ciao Mattia, parlaci un po’ di te
Salve a tutti, io sono Mattia e sono cresciuto con una forte passione per il mondo espressivo. Fin da bambino trascorrevo il mio tempo con pastelli, pennarelli e fogli di carta per esprimere stati d’animo e raccontare con le immagini la mia semplice quotidianità. Per alcuni anni la mia famiglia mi avvicinò al mondo della musica dove imparai a suonare il pianoforte e dove mi interfacciai con il mio “primo” pubblico durante i saggi musicali. Tanti furono i soggiorni a Parigi dove iniziai fin dalla tenera età ad apprezzare le realtà dinamiche, l’arte e il contesto urbano in continua evoluzione. Mio nonno, noto imprenditore edile nella città metropolitana di Parigi, mi raccontava sempre delle sue frequentazioni con personalità eccentriche come Salvador Dalì, Pablo Picasso e Jean Hans Arp. Ricordo che da bambino rimasi affascinato da alcuni particolari dipinti appesi alle pareti di casa, si tratta delle opere pittoriche di mio zio Vito Ferrara, artista di Morbegno noto per la sua arte ipersensibilizzata dalla natura, appena velata da una impalpabile patina la quale sa di romantiche lontananze che si perdono in fondo ai tesi sentieri del tempo e dello spazio. Tuttora conservo con gelosia gli articoli di giornale che parlano di una sua importante personale alla galleria “Nuovi Orizzonti” di Roma, luogo al tempo frequentato da innumerevoli personalità del mondo della cultura, della televisione e dell’arte. Tra le infinite espressioni artistiche, sin da piccolo, ho sempre ammirato la satira per la sua capacità di mettere in ridicolo individui, abitudini e concezioni.
Quando nasce la tua passione per l’arte?
La mia passione per l’arte si manifestò già dalla tenera età dove ogni segno tracciato, ogni gesto corrispondeva alla spontaneità di un pensiero privo di limitazioni. Man mano che crescevo la mia curiosità per il mondo delle arti venne alimentata da esperienze, viaggi e visite fino a spegnersi completamente durante i cinque anni di scuola superiore ad indirizzo artistico. Ricordo questo quinquennio come un percorso poco stimolante dove ogni tentativo di miglioramento risultava sempre più fallimentare; alcuni insegnanti delle materie di indirizzo mi consigliarono di fare lo “spazzino”. Fu una docente di quell’istituto a dirmi di non mollare, di continuare a credere in me stesso. Successivamente iniziai gli studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia dove finalmente ritrovai l’interesse per ciò che amavo grazie ai grandi professionisti che seppero trasmettere l’amore e la passione per ciò che insegnavano. Tra questi desidero menzionare Raffaella Miotello, mia relatrice di tesi, professionista dotata di acuta sensibilità e conoscitrice di arte contemporanea. Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Arti Visive frequentai il corso di specializzazione “Comunicare l’arte: dallo storytelling ai social media” presso lo IED e coordinato da Alexia Boro dove appresi tecniche e strategie efficaci per la comunicazione e la divulgazione delle arti e non solo. La prima esperienza significativa in veste di critico d’arte invece risale al 2014 a Milano in occasione della mostra di grafica “Le metamorfosi del segno” della giovane talentuosa Federica Pagnan a cura di Giuliana Consilvio. Parallelamente alla critica d’arte ho sempre portato avanti una mia ricerca espressiva, sia grafica che pittorica, basata su intuizioni, osservazioni, interpretazioni e narrazioni talvolta oniriche. Credo fortemente che per comprendere la ricerca degli artisti e dare voce alle loro produzioni sia indispensabile conoscere il processo di genesi dell’opera d’arte, solo così la formazione può considerarsi completa.
Critico d’arte e docente di storia dell’arte. In che modo insegni l’arte ai ragazzi?
Da undici anni insegno arti visive e storia dell’arte presso Licei e Università. Le strategie di insegnamento adottate sono svariate. Tendenzialmente per stimolare il coinvolgimento dei discenti mi avvalgo delle metodologie più attuali come il cooperative learning, la flipped classroom e la didattica laboratoriale per privilegiare l’apprendimento esperienziale. I riscontri sono piuttosto soddisfacenti e il rapporto instaurato con gli allievi è significativo. La crescita e l'evoluzione formativa degli studenti sono un processo continuo, che li porta a sviluppare sensibilità, capacità critiche e tecniche, permettendo loro di esprimere al meglio la propria creatività e di comprendere profondamente il mondo che li circonda.
C’è un opera alla quale sei particolarmente legato?
Sono particolarmente legato ai generi più che ad un’opera nello specifico. Tra questi rientrano quelli in cui l’opera presenta dei connotati stilistici di libera interpretazione, dove il fruitore percepisce in maniera soggettiva ed intimistica sensazioni e stati d’animo. Diverse sono le declinazioni per quanto concerne l’ampia sfera dell’arte informale. Accattivanti sono certamente le produzioni al femminile dell’artista giapponese Yayoi Kusama, personalità che mi affascina per il suo mondo atipico, ipertrofico e perturbante.
Cosa ne pensi dell’arte contemporanea?
L'arte contemporanea ha il dono di comunicare emozioni e idee forti, sfidando e ispirando chi la osserva.
È un messaggero potente che riflette il nostro tempo e stimola il pensiero critico.
Mi emoziona pensare a quanto possa influenzare e arricchire la nostra società.
Che consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane che vuole diventare critico d’arte?
Consiglio di studiare approfonditamente l'arte, di essere sempre curioso e di sviluppare un occhio critico e aperto alle diverse espressioni. È fondamentale anche mantenere una mente elastica e non aver paura di esprimere le proprie opinioni con sincerità e rispetto.
Quando e come nasce la collaborazione con Santo Cicirò e Charm of Art?
La collaborazione con Charm of Art nasce nell’autunno del 2023 dopo un confronto con il suo fondatore.
Ho subito apprezzato lo spirito di iniziativa e il pragmatismo dimostrato di fronte alle nuove proposte.
Si tratta di una realtà flessibile, dinamica e gratificante caratterizzata da un team di professionisti piacevolmente audaci.
CONVERSAZIONE CON MELINA CESARANO
Ciao Melina, parlaci un po’ di te
Sono nata a Caserta, sono sposata e ho due figli meravigliosi.
Fin da giovanissima ho iniziato a collaborare nell’attività commerciale di famiglia, un ambiente che mi ha insegnato tantissimo e che ha contribuito a formare il mio carattere.
Lì ho imparato il valore del lavoro, il rispetto per le persone e l’importanza del contatto umano, che ancora oggi considero fondamentali, sia nella vita che nel mio percorso artistico.
Continuo tuttora a portare avanti questo impegno, e anche se il tempo libero è spesso limitato, non rinuncio mai a dedicarmi alla mia più grande passione: la pittura.
È il mio spazio autentico, il luogo in cui esprimo me stessa e ritrovo il mio equilibrio.
Da più di dieci anni partecipi come artista a mostre d’arte nazionali e internazionali.
Quando nasce la tua passione per la pittura?
Il disegno è stato parte di me sin da piccola.
Ero affascinata dal mondo dei cartoni animati e i miei primi schizzi erano ispirati proprio ai personaggi che amavo guardare.
Quelle figure dai tratti espressivi e vivaci hanno segnato il mio primo approccio all’arte, lasciando un’impronta fumettistica nei miei primi lavori iniziali.
Nonostante il mio forte desiderio, non ebbi l’opportunità di frequentare un istituto d’arte durante gli anni della scuola.
Scelsi invece un percorso di studi più affine all’attività di famiglia.
Più di dieci anni fa decisi finalmente di dedicarmi con maggiore serietà a questa vocazione, iscrivendomi a un corso di pittura: fu lì che, per circa tre anni, appresi le basi della pittura ad olio.
Da li è cominciato un percorso di formazione continua: corsi online, lezioni private e infine l’iscrizione al corso serale presso un liceo artistico. È stata una sfida personale, ma anche un grande atto d’amore verso la mia passione.
Al termine del percorso ho conseguito con orgoglio il diploma in “Pitto-scultura”, un traguardo che desideravo fin da ragazza e che oggi rappresenta per me una conquista personale e simbolica.
Tu sei campana, di Caserta, città ricca di storia e di arte.
Che ruolo ha avuto la tua città nel tuo percorso artistico?
Caserta ha avuto un ruolo importante nella mia crescita artistica, soprattutto grazie alla presenza della Reggia, uno dei capolavori architettonici più straordinari al mondo.. Ancora oggi, ogni volta che ci torno, la mia immaginazione si accende: è impossibile restare indifferenti di fronte a tanta bellezza.
Mi perdo ad ammirare la grandiosità dell’architettura, i dettagli curati, le opere d’arte disseminate ovunque, le stanze ricche di storia e soprattutto l’immenso giardino, costellato di statue, fontane e scorci che sembrano usciti da un sogno. Sicuramente quella eredità visiva e immaginativa, così potente, ha nutrito e continua a nutrire il mio modo di guardare e raccontare il mondo attraverso l’arte.
Non solo artista, ma anche curatrice di mostre.
Una formazione artistica completa. Due facce della stessa medaglia?
Assolutamente sì.
Essere prima di tutto un’artista mi permette di vivere il ruolo di curatrice con uno sguardo molto più empatico e attento. So bene cosa ci si aspetta quando si partecipa a una mostra: il desiderio di sentirsi valorizzati, accolti, compresi.
Proprio per questo, quando organizzo e curo un evento, cerco sempre di mettere al centro le esigenze e le aspettative degli artisti, perché sono anche le mie.
Questo approccio umano, oltre che professionale, mi ha permesso nel tempo di guadagnare fiducia, stima e rispetto da parte di molti colleghi.
Penso che un artista che si fa anche curatore abbia una marcia in più, perché conosce dall’interno le emozioni, le difficoltà e le speranze che accompagnano ogni esposizione.
Ed è su questo terreno comune che cerco sempre di costruire relazioni sincere e progetti autentici.
Qual è, secondo te, l’aspetto più importante da considerare quando si cura un’esposizione?
Credo che l’aspetto più importante sia il rispetto profondo per il lavoro dell’artista.
Curare una mostra non significa solo organizzare uno spazio espositivo, ma creare un contesto in cui ogni opera possa esprimersi al meglio e in cui ogni artista si senta valorizzato.
Ogni dettaglio, dall’allestimento alla comunicazione, dalla disposizione delle opere alla scelta della location, deve essere pensato con sensibilità e attenzione, perché ogni scelta può influire sulla percezione finale del lavoro esposto.
Un buon curatore, secondo me, non impone una visione, ma accompagna.
E lo fa con competenza, empatia e soprattutto rispetto, sapendo che dietro ogni quadro c’è una parte di vita dell’artista.
Cosa consiglieresti ai giovani di oggi?
Oggi, purtroppo, noto con dispiacere che tra molti giovani l’arte viene spesso messa da parte, considerata secondaria rispetto ad altri interessi.
E invece dovrebbero riscoprirne l’importanza, non solo per il suo valore storico e culturale, ma anche per ciò che può dare a livello umano e formativo.
L’arte insegna a osservare, a sentire, ad apprezzare la bellezza e a sviluppare una visione più profonda e sensibile del mondo.
È un linguaggio universale che arricchisce la mente e l’anima.
Il mio consiglio ai giovani è di non smettere mai di credere nei propri sogni, anche quando sembrano lontani o difficili da raggiungere.
Io stessa, da adulta, sono riuscita a conseguire il diploma artistico che avevo sempre desiderato e, finalmente, a coltivare pienamente la mia passione per la pittura.
È stato un percorso lungo, fatto di impegno e sacrifici, ma anche di grandi soddisfazioni.
Per questo dico: inseguite i vostri obiettivi con determinazione e passione. Ogni traguardo è possibile, se ci si crede davvero.
L’anno scorso sei stata nominata Presidente di Charm of Art.
Quando nasce questa collaborazione?
Il mio incontro con La Charm of Art è avvenuto quasi per caso, ma ha segnato un punto
importante nel mio percorso.
Sono stata segnalata al fondatore, Santo Cicirò, da un’artista che mi conosceva appena, ma che aveva partecipato a una collettiva da me curata. In quell’occasione ha potuto cogliere quanto tenessi davvero agli artisti e a ogni aspetto della gestione dell’esposizione.
Ho accettato di far parte della Charm of Art non solo per l’opportunità professionale, ma soprattutto perché sono rimasta colpita dall'entusiasmo e dalla grande professionalità del fondatore.
Mi ha conquistata la sua dedizione, il rispetto profondo che dimostra verso l’arte e gli artisti, e la passione autentica con cui porta avanti questo progetto.
Condividere una visione così sincera e sentita è ciò che mi ha fatto dire subito sì.
Con Santo Cicirò si è instaurato fin da subito un rapporto di reciproca considerazione, che nel tempo si è consolidato fino alla mia nomina a presidente dell’organizzazione.
Un ruolo che vivo con senso di responsabilità ma anche con grande entusiasmo, perché mi permette di unire le mie due anime: quella organizzativa e quella profondamente artistica.